La seconda serata della rassegna antiabilista ha offerto uno spazio di riflessione e scambio sull’intersezione di temi come transgenderità, disabilità e neurodivergenza. La serata si è sviluppata in due momenti distinti ma complementari: un talk con lə attivistə Barbie Queer, Giona Dagnese ed Elios Favaretto, seguito dalla performance artistica L’arte di rinascere, realizzata da Liam The Harpist e Nicky Daigoro.
La scelta dellə ospiti ha portato sul palco esperienze personali e collettive che hanno intrecciato attivismo, vissuti quotidiani e creatività, creando un dialogo ricco e stimolante. Dal racconto della rabbia trasformata in forza di cambiamento, all’importanza di costruire una comunità disabile coesa, fino alle questioni di accessibilità e al valore dell’euforia di genere, ogni intervento ha contribuito a mettere in discussione le barriere fisiche, culturali e sociali che troppo spesso escludono le persone marginalizzate.
La rabbia come motore di cambiamento
La rabbia è stata descritta non come un sentimento da reprimere, ma come una reazione naturale e necessaria alle ingiustizie. Alcunə ospiti hanno raccontato come, inizialmente, fosse facile accettare l’abilismo come una realtà inevitabile. Solo entrando in contatto con la comunità queer, coesa e impegnata in una lotta collettiva, hanno trovato il coraggio di mettere in discussione anche le discriminazioni legate alla disabilità.
Questa presa di coscienza ha suscitato una rabbia nuova, non più rivolta verso sé stessə, ma verso le strutture sociali oppressive. Un’emozione che, una volta riconosciuta, diventa una forza trasformativa, capace di alimentare l’attivismo e il desiderio di cambiamento.
Una comunità disabile più unita
Uno dei messaggi più potenti emersi durante la serata è stato il bisogno di riconoscere e valorizzare l’intersezionalità. Le esperienze condivise hanno mostrato come le identità di genere, sessuali, disabili e neurodivergenti si sovrappongano, creando vissuti unici e complessi. Tuttavia, queste intersezioni non devono portare a frammentazioni, ma piuttosto a un rafforzamento reciproco.
Il desiderio espresso da più ospiti è stato quello di vedere una comunità disabile forte e coesa, capace di lottare insieme per ottenere piena inclusione e riconoscimento. La frammentazione, infatti, rischia di isolare le persone, rendendole più vulnerabili alle discriminazioni. La serata ha offerto uno spunto di riflessione importante: la necessità di spazi sicuri dove le persone possano essere accolte nella loro totalità, senza dover scegliere quale parte della propria identità mostrare o nascondere.
Accessibilità: un problema sistemico anche negli spazi queer
Un altro tema centrale è stato quello dell’accessibilità, troppo spesso trascurata anche in contesti che si definiscono intersezionali. Gli interventi hanno evidenziato che molti spazi queer, pur essendo dedicati all’inclusività, non tengono conto delle esigenze specifiche delle persone disabili e neurodivergenti, escludendole di fatto dalle loro attività.
È stato sottolineato che l’accessibilità non può essere un’aggiunta successiva, ma deve essere integrata fin dall’inizio nella progettazione degli eventi. Solo coinvolgendo direttamente le persone disabili nell’organizzazione si può creare uno spazio realmente accogliente. Questo è un punto cruciale per chiunque voglia costruire comunità più inclusive: l’accessibilità non è un lusso, ma un diritto fondamentale.
Euforia di genere
Il percorso delle persone trans viene spesso rappresentato unicamente come doloroso e caratterizzato da una forte disforia di genere. Per questo, durante la serata si è deciso di mostrare anche l’altro lato della medaglia: l’euforia di genere. Il tema è stato affrontato sia tramite i racconti dellə ospiti, che hanno condiviso il momento in cui si sono finalmente riconosciutə allo specchio, sia attraverso la performance L’arte di rinascere.
In questa occasione, Liam the Harpist (link esterno) ha suonato l’arpa e Nicky Daigoro (link esterno) ha creato un live painting, esprimendo la gioia e la potenza del vedersi per chi si è realmente. La frase “Mi vedo”, emersa sia durante il talk che nella performance, è stata centrale: semplice ma profonda, ha scosso tuttɜ, ponendo al centro il tema dell’euforia di genere e l’importanza di riconoscersi per come si è veramente.
La rassegna continua nei prossimi mesi, con l’obiettivo di mantenere viva la riflessione e stimolare azioni concrete di cambiamento. Vi invitiamo a partecipare ai prossimi eventi, per arricchire insieme questo percorso di confronto, lotta e trasformazione collettiva. A presto!
Articolo a cura di Aurora Cadalino, @auropeace (link esterno).