Sicuramente non lo è stato durante questa Rassegna Antiabilista, durante la quale, ancora una volta, arte e politica hanno dimostrato di essere profondamente legate e, insieme, rivoluzionarie.
Se dovessimo scegliere una parola chiave da cui partire per raccontare questa serata, sarebbe “immaginazione”.
Intanto, “L’immaginazione ritrovata”, libro di Alessandro Padrin (link esterno), persona autistica, artista e scrittore che si racconta intervistato da Beatrice, volontariə del Padova Pride.
Il suo (primo!) libro è un viaggio negli anni tra pensieri, fantasie, musiche e immaginazioni che sono sempre state fondamentali nei momenti di “fuga dai mali del mondo” e dei “fastidi quotidiani” -alla faccia dell’arte che non sarebbe politica!
Un assaggio del modo che Alessandro ha di vivere e descrivere le immagini ce lo dà parlando dei Talent, un gruppo di cinque artisti professionisti nello spettro esperti di marketing e comunicazione, grazie ai quali ha avuto l’ispirazione per questo esordio letterario.
“Una volta, sentendo parlare uno dei Talents, mi sono aperto, e si è sbloccata la chiave del baule della mia immaginazione e le mie fantasie si sono trascritte in questo libro”.
Quel baule pieno di creatività, che così spesso ci aiuta a gestire il rumore che fa il mondo, e che dalle 100 pagine previste, ne conteneva 250, inaspettate e dirompenti.
Stereotipo vuole che le persone autistiche siano prive di fantasia, creatività ed immaginazione, perché la rappresentazione è sempre stata questa: o geni della matematica, rigorosamente socializzati come uomini, o eterne vittime di infantilizzazione.
Ecco perché è così necessaria una rappresentazione realistica e reale, fatta da persone autistiche e capace di dare alla parola “spettro” l’importanza che merita, che informi, che non porti a generalizzare, ignorando parti fondamentali della vita di tante persone -e chissà, forse della propria.
Per Alessandro Padrin, l’arte è sempre stata fondamentale, e, fortunatamente, il contesto che aveva intorno gli ha permesso di coltivare il suo talento fin da piccolo, essendo stato sempre riconosciuto come un bambino estremamente creativo.
E quanto è utile parlare e sensibilizzare sull’importanza di una società antiabilista, e quanto sarà liberatorio vedere che, grazie a rappresentazione e divulgazione corretta, un giorno tutte le piccole persone nello spettro potranno crescere così, riconosciute e validate.
E nella sicurezza di poter creare come ci pare!
Infatti, quando crea, mica programma! Salvo la base per le commissioni, crea e basta, e possono passare anche mesi e mesi tra un’opera e l’altra.
Capita, quando l’arte non è performativa, ma espressione -e politica-, che si ascoltino i propri ritmi, anche quelli considerati troppo o -soprattutto- troppo poco serrati in una società neurotipica: e allora, che si tratti di dipingere una Cappella Sistina al giorno, o un quadro all’anno, si inizia ad ascoltarsi e ascoltare la propria creatività.
E proprio questo ascolto è stato alla base della seconda parte della serata, con l’attivista queer Nicky Daigoro (link esterno) -nonché artista e fumettista molto indipendente come ci tiene a sottolineare-, e Marta Telatin (link esterno), artista, pittrice e formatrice non vedente dall’età di tredici anni.
Anche qui l’immaginazione ha avuto un ruolo chiave: come immaginiamo l’euforia di genere? Come la rappresentiamo?
Intanto, Nicky inizia ricordandoci cosa sia, e soprattutto quanto sia ancora più pervasiva di quanto non immaginiamo, in quanto l’euforia di genere ha sicuramente un aspetto personale e intimo, ma anche sociale e collettivo che mette tutt3 nella condizione di dover fare qualcosa per cambiare l’ambiente in cui ci troviamo.
“È la sensazione di benessere data dall’allineamento tra la propria identità di genere ed espressione di genere e dalla possibilità di esprimere liberamente chi siamo”.
Una minority joy, come continua Nicky, difficile da provare in una società eteronormativa, in cui bisogna trovare posto per la rabbia, la lotta, la rivendicazione, l’orgoglio, ma restano molto meno spazio e tempo per sperimentare quella “beatitudine di essere in una rete sociale che sostiene e supporta, che vuole rappresentare e dare spazio e voce a tutte le minoranze che hanno sempre dovuto nascondersi per sopravvivere”.
Tosta eh rappresentare tutto questo!
Fortunatamente Marta è venuta in nostro aiuto con la sua arte e il lavoro di tanti anni come formatrice in scuole e aziende, facendoci scoprire non cinque, ma ben 29 sensi a nostra disposizione! Dopo aver impostato ognunə la propria carta di identità creativa, si inizia a disegnare, con o senza benda sugli occhi, la personale idea di euforia di genere. Non ci sono confini e regole, solo il sentire e i sensi che si decide di utilizzare.
Ambienti sicuri, in cui potersi rappresentare senza paura, sono ancora pochi e spesso piccoli. Ma stanno crescendo, proprio grazie al lavoro di tantə attivistə come quellə che lavorano al Padova Pride, al Progetto Tiresia e tante altre realtà di cambiamento.
Non sappiamo quando una persona autistica riceverà diagnosi e diritti in tempi appropriati, quando la società sarà più accessibile e informata, e nemmeno quando la transfobia sarà solo un fantasma da ricordare per non farlo materializzare mai più.
Ma sappiamo che con la lotta intersezionale è davvero possibile creare realtà migliori, in cui essere veramente gioiosə ed euforichə della realtà e degli spazi che attraversano i nostri corpi.
Vi aspettiamo ai prossimi eventi della Rassegna Antiabilista con il prossimo evento!
Articolo a cura di Francesca Pastorino, @marketing_etico (link esterno).
