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Voci fuori dalla storia: La geografia della consapevolezza LGBT intervista con Yuri Guaiana

Giu 1, 2020

Intervista a Yuri Guaiana testo integrale

Eva

Buonasera, noi siamo Schiara, ovvero la parte più poseidonica del comitato Padova Pride, oggi abbiamo per la nostra rubrica “Voci FUORI dalla Storia”. Una puntata speciale nominata “Fase 2 Edition”. “Voci FUORI dalla Storia” vuole essere un raccoglitore, un album di storie dimenticate, testimonianze, voci fuori campo, un po’ rivoli della vita della comunità LGBTI+.

Abbiamo organizzato questa serie di interviste dove il tono, come potete capire, sarà informale, ma non per questo meno serio di un incontro tra amiche che si ritrovano a fare un aperitivo e sparlare del proprio ex. Ciò che ci ha spinto a fare tutto ciò è sicuramente una grande sete di sapere antropologico, dall’altra anche una lodevole voglia di cazzeggio intellettuale.

Un’ultima avvertenza per chi ci segue da casa, nessuno dei promotori e nessuna delle promotrici di “Voci FUORI dalla Storia” ha ancora ricevuto nudes

Gabriele per favore, introduciamo il nostro ospite, prego.

Gabriele

Ciao, abbiamo qui con noi Yuri Guaiana, segretario nazionale dell’associazione radicale “Certi Diritti” e senior campaign manager di All Out, associazione internazionale a difesa dei diritti lgbt. Come si può notare dalla biografia di Yuri, lui è guidato ad un aspetto transnazionale dei diritti civili e quindi con lui parleremo di un rapporto tra la dimensione globale del mondo LGBT e la situazione locale.

Infatti, se da una parte lui è stato fondatore del comitato locale di Arcigay Como, dall’altra parte dal 2013 lo vediamo come eletto membro del board di ILGA Europe.

Vogliamo ricordare due casi particolari della biografia di Yuri. Ad esempio, nel 2017, quando arriva nei media globali la notizia dei pogrom antiomosessuali ceceni, troviamo Yuri a Mosca nello stesso anno a maggio per consegnare oltre due milioni di firme per chiedere un’indagine a riguardo. In quella situazione viene arrestato prima ancora che lui riesca a consegnare le firme e questo creerà un caso diplomatico che poi porterà la notizia nei media locali. Ricordiamo che questa notizia è stata riportata nel libro “il grande inverno democratico nella Russia di Putin”.

Come altro caso particolare della sua vita ricordiamo la sua presenza al pride di Istanbul nel 2015. Un pride molto particolare perché era stato vietato senza alcuna giustificazione legale che creerà una serie di sommosse da parte della polizia verso gli attivisti. Proprio in quella situazione turi dirà

Il Pride è davvero un privilegio che troppi di noi danno per scontato. Dopo oggi non potrò più pensare al Pride nello stesso modo di prima.

Quindi dopo questa presentazione, iniziamo l’intervista. Yuri come sta? Come stai superando la quarantena?

Yuri

Sto bene, sono a casa da tanto tempo, perché come voi sono a Milano, al Nord. La Lombardia ha avuto il lockdown un po’ prima di tutti gli altri anche se non intenso come adesso, e sono da più di tre mesi ormai, facevo i conti proprio oggi pomeriggio. Ma sto bene. Brindo assieme a voi con il mio drink analcolico a queste conversazioni storiche tra il serio e il faceto.

Como e l’Europa: l’associazionismo lgbt

Gabriele

Nella prima intervista abbiamo intervistato Porpora Marcasciano e lei ci ha raccontato come all’inizio dell’attivismo non avevano ben consapevolezza della geografia del mondo LGBT per cui le altre associazioni estere e internazionali le si sono conosciute a mano a mano. Tu partendo da Como, eravate già a conoscenza delle altre associazioni? Avevate rapporti con queste?

Yuri

A Como non avevamo grande conoscenza di tutte le associazioni internazionali LGBT, si parla anche della fine degli anni ’90 di tanti anni fa. Avevamo sicuramente conoscenze e un ottimo rapporto con l’associazione LGBT ticinese, che chiaramente essendo di frontiera io stesso ho frequentato loro prima che ci fosse l’Arcigay a Como. Ed era una situazione molto particolare, non esiste più quell’associazione lì. Sostanzialmente gravitava attorno ad un vecchio militante dell’epoca, ed era molto conviviale, molto accogliente. Su me, giovanissimo omosessuale, attivista, che voleva fare l’attivista più che altro, ha avuto un grande impatto. E poi sicuramente poco dopo la costituzione del circolo Koinè di Como, che era appunto parte della rete Arcigay, quindi una rete nazionale più addentro alle realtà del movimento di quello che potessimo essere noi giovani militanti comaschi, sono stato al mio primissimo incontro internazionale in Olanda, ad Amsterdam organizzato dal COC che è la più grande associazione, e anche tra le più grandi europee, all’interno della rete di ILGA-Europe. E quello per me è stato un momento molto formativo, molto importante. Era giù un annetto abbondante che mi occupavo dell’associazione comasca dentro il direttivo nazionale di Arcigay e mi ha fatto capire come funziona meglio la realtà internazionale rispetto a quella nazionale soprattutto sul profilo dell’organizzazione.

Danilo

In che senso?

Yuri

Nel senso che le grandi associazioni europee hanno questa differenza, che secondo me è anche un vantaggio, e cioè che sono più ricche nel senso che loro hanno fondi governativi. Il che può essere un vantaggio e uno svantaggio, però nella consuetudine democratica del nord Europa questa abitudine di finanziare la società civile permette alle associazioni di professionalizzarsi, cioè di avere una struttura anche se si vuole meno attivista, meno combattiva, che in realtà è un elemento interessante, ma sicuramente più professionale che permette di specializzarsi e di avere un impatto poi sulle varie tematiche che si toccano decisamente efficace. Non a caso in quei paesi ci sono sicuramente più progressi. Secondo me non è un caso.

Marco

Per esempio, penso al caso tedesco, perché io rientro dall’Erasmus in Germania, lì nella città dove ero io, Freiburg, le associazioni erano tante, tutte diversificate per obbiettivi. Per esempio, nessuna si occupava di Pride se non l’associazione dedicata al Pride, il Christopher Street Day, poi ce n’era un’altra che faceva corsi di aggiornamento negli uffici e scuole, un’altra che era paragonabile ad Arcigay, che aveva un’attenzione per i giovani e sport. Ma erano molto settoriali.

Yuri

Tra l’altro, secondo me, Marco tocchi un punto fondamentale. Sicuramente ogni paese ha il suo modello, per esempio, l’Olanda tende a avere una sola associazione con tanti uffici dislocati su territorio ma che si occupa in maniera dipartimentale di tante cose. Quindi non ci sono una associazione che si occupa di migranti, e cosi via. COC si occupa di tutto poi si divide in vari dipartimenti. In altri contesti ci sono diverse associazioni.

Como e l’Europa: la manifestazione del ‘99

Ma il punto che tu toccavi e che a me sta particolarmente a cuore, per un’altra esperienza biografica che adesso vi racconto, è quello del Pride. Tu hai detto c’è una associazione o un gruppo che si occupa di pride. Ecco secondo me quello è un altro aspetto fondamentale che io ho appreso qualche anno dopo la fondazione del circolo comasco, che per altro ha organizzato nel 1999, quindi siamo ai ventun anni tra poco, la prima manifestazione nazionale sulle unioni civili, manifestazione nazionale perché Arcigay nazionale la fece nel maggio di quell’anno. Se volete per prepararmi a questo incontro ho cercato qualche manifesto o volantino e vi faccio vedere con il videoschermo [li mostra]. Per la prima volta per una città di provincia si faceva una manifestazione nazionale. A Verona c’era stata una grande manifestazione antifascista e LGBT che aveva allora come oggi uno spirito conservatore, però questa è stata la prima sulle unioni civili di allora e queste sono alcuni ritagli di giornale che ho recuperato sul mio archivio personale. Abbiamo fatto tre unioni civili simboliche con un addetto comunale, è stato difficilissimo. Parlo di tanti anni fa. C’erano dei personaggi straordinari a parlare, vedete qui per esempio la Di Folco, che non c’è più a proposito di storia, c’era la coppia, questo era un giovanissimo Sergio lo giudice che all’epoca era segretario, c’era il circolo Mario Mieli che ha partecipato.

Eva

Devo dirti che mi fa molto piacere che tiri fuori questo materiale anche perché con le nostre interviste siamo passati quasi da volantino a volantino, e nella nostra ultima intervista a Franco Grillini, uno degli spunti era il primo volantino dell’82 al Cassero dove parlava di alfabetizzazione dell’amore. Qui andiamo dieci vent’anni dopo e abbiamo i volantini che sono appunto delle testimonianze anche pratiche dove parliamo di unioni civili. Quindi vediamo il salto in avanti ed è interessante come quello che noi prendiamo come una cosa di poco conto (il volantino) dopo diventi quasi una piccola testimonianza storica

Yuri

È un documento storico, assolutamente. Ed è interessante per esempio pensare come all’epoca, tra l’altro mi ricordo purtroppo che la manifestazione non ebbe una grandissima eco sulla stampa perché il giorno dopo o il giorno stesso scoppiò la guerra in ex Iugoslavia. Questi erano un po’ i tempi storici. Però sicuramente i volantini sono dei documenti storici che poi vanno interpretati. Io ero uno storico di professione, dottorato di storia contemporanea, e per questo tendo a conservare le cose perché so che in futuro diventeranno importanti.

Eva

Hai fatto assolutamente bene. E a quella manifestazione, sulla stampa non ebbe chissà che eco, e invece le persone e la città come la presero? Che sensazioni hai avuto quel giorno?

Yuri

Como ebbe una eco pazzesca. Perché appunto era la prima volta che si manifestava e che delle persone omossessuali comasche diventavano visibili e, gli articoli sui due giornali locali costanti che hanno creato il panico al punto che molti negozi rimasero chiusi perché si pensava che arrivassero i black block, questo però ci ha favorito molto perché ci ha dato una grande visibilità, sono arrivate tantissime persone, è stata molto partecipata, una delle più grandi manifestazioni, forse ancora la più grande manifestazione che la città ricordi. Molto pacifica, al punto che alla fine abbiamo ricevuto anche i complimenti della DIGOS che si aspettava le barricate.

Compenso che i centri sociali di sinistra alla fine non hanno voluto partecipare perché ci ritenevano troppo moderati, ma alla fine è andata molto bene ed è stato una svolta per Como, per una città piccola come Como rispetto alla visibilità e alla partecipazione anche. Purtroppo, vediamo come all’epoca nel ‘99 ancora si faceva una manifestazione nazionale sulle unioni civili e non per il matrimonio egualitario, benché se ne parlasse e io ero molto favore del matrimonio egualitario e molto scettico sulle unioni civili, però naturalmente rispettavo la manifestazione che era nazionale.

Il libertinismo come decadenza occidentale

Eva

Devo dirti una cosa che mi sono segnata mentre parlavi a proposito appunto di come vengono attaccati i movimenti omosessuali nel mondo. Usando il concetto di occidente mi è sembrato talvolta che spesso ci sia una sorta di sovrapposizione tra omosessualità e libertinismo e quindi che questo tipo di politiche, paesi abbiano questa concezione, che siano un po’ misleading, influenzati da questa idea di omosessualità più che la questione sui diritti direi.

Molto interessante questa cosa che ci dici, l’attivismo in altri paesi vive dell’online. Po’ solo vivere di avere solo strutture digitali in cui organizzarsi?

Yuri

Sì appunto. Sul libertinismo loro proprio parlano di perversione, è la perversione occidentale. Anche perché tendenzialmente, in particolare in Africa, l’opposizione alle rivendicazioni del movimento LGBT è di natura religiosa, sono tendenzialmente gruppi evangelici americani che, tra l’altro è una contraddizione rispetto al fatto che loro dicono che l’omosessualità è portata dall’occidente che non è vero ma invece ad essere importato dall’occidente sono loro perché sono tendenzialmente gli evangelicali americani, cioè il cristianesimo che è evangelicale in questo caso, che arriva. Questo in africa subsahariana. Nell’Africa del nord c’è la questione dell’islam, che è chiaramente autoctona, e loro hanno più agio a parlare di influenza occidentale. La perversione occidentale viene fortemente percepita. L’omosessualità va quasi in secondo piano proprio come dici tu. Libertinismo ma anche solo il concetto di libertà individuali, che sono tollerabili. È visto politicamente come rischioso.

Poi c’è il tema della Russia che fa scientificamente propaganda contro l’omosessualismo, come dicono loro, che è presentato come uno strumento geopolitico dell’occidente che cerca appunto di portare la perversione in Russia, di portare la decadenza occidentale in Russia, calo demografico imputato a noi ovviamente, la perversione dei costumi. Ci sono dei film che sono stati trasmessi dalla tv nazionale russa che tendenzialmente fanno vedere il Folsom di Berlino come quello che è l’omosessualità, mentre in Africa è successo sempre religiosi quando fanno le loro conferenze fanno vedere film pornografici addirittura. L’aggregato l’identità LGBT con la pornografia, tendenzialmente per altro la più estrema, è una tattica abbastanza vecchia. Anche noi in occidente abbiamo avuto questa cosa che siamo pervertiti.

Eva

Sì, diciamo che continuammo a farlo di tanto in tanto questa associazione forte

Yuri

Se mi permetto. E sta anche rientrando. Soprattutto attraverso Africa e Russia, perché alcuni legami tra parti politiche con il movimento conservatore nazionale russo, polacco e ungherese ha ripreso questa strategia e l’ha perfezionata, che adesso va sotto l’ideologia LGBT come dicono loro, o ideologia gender. All’interno di questo ombrello però ritorna questa cosa qui. Ed è molto forte. Lo abbiamo visto anche in Italia tra l’altro in Veneto con il congresso mondiale delle famiglie sulla questione.

Marco

Tra l’altro se io penso al fatto della perversione, ritornando al discorso della Germania, uno dei film che ha fatto la storia per il movimento LGBT+ tedesco è uno dei film del 1970 che si chiama “non è l’omosessuale a essere perverso ma la società in cui egli vive”. Quindi questo ritorno, ricorso di temi e accuse mi sembra molto interessante

Un’esperienza radicale

Gabriele

Mi piace aver citato il congresso di Verona perché effettivamente sono d’accordo sia stata una manifestazione a livello nazionale, sia per tematiche LGBT che femministe, molto partecipata. Era sconvolgente il numero di persone in cui eravamo.

Per chiudere, visto che si stava toccando un approccio più globale, volevo ripercorrere questo pensiero storico sulla Russia. Nell’inverno democratico, viene descritta benissimo la situazione contemporanea, e mi piace come viene collegata all’interno di una cornice di manifestazione di italiani in Russia, ad esempio, Pezzana nel 1977 che anche lui viene arrestato. Mi piacerebbe concludere con un pensiero sulla coscienza collettiva che esca dai confini italiani

Yuri

Si, assolutamente. Prima anche parlavamo che magari l’Italia rischia di essere un po’ provinciale nel movimento, che fa fatica a guardare all’estero. In parte è vero, però il movimento italiano ha offerto episodi di grande generosità, appunto quello di Pezzana in Russia, ma c’è stato anche Enzo Francone che andato oltre che in Russia persino in Iran, anche lui un altro militante del FUORI come Pezzana, poi ci sono stati Marco Cappato e Vladimir Luxuria che sono andati anche li a Mosca per un Pride e pure sono stati arrestati, all’epoca Cappato era parlamentare europeo, e poi il sottoscritto. Ecco, devo dire che se si ripercorrono questi esempi che ho portato, che a mia notizia sono gli unici, fanno un po’ riferimento ad un’area politica particolare che è quella dei radicali, con l’eccezione di Vladimir che non è mai stata radicale, è sempre stata comunista e che però ha questa proiezione internazionale importante. E poi ci sono altre eccezioni, perché per esempio ad esempio mi viene in mente che al Pride di Belgrado in cui io sono andato per ILGA-Europe li ho trovato degli attivisti del Mario Mieli che erano li a sostenere il Pride di Belgrado, all’epoca c’era il presidente Maccarone e altri attivisti.

Questa proiezione internazionale c’è nel movimento LGBT, è forse più marcata all’interno della cultura politica radicale, credo che sia un po’ per una questione di cultura politica proprio, perché i radicali fanno del transnazionalismo una parte fondamentale della loro attività, io stesso sono finito a fare il lavoro che faccio perché per me è importante in quanto sono radicale, ma è vero che l’internazionalismo è importante anche nel movimento di sinistra, ma li però devo dire che quell’are li è un po’ più sporadica nell’attività.

L’altra cosa che secondo me che conta è che quegli esempi che ho portato, e qui va al di la della cultura politica, forse in parte con la mia eccezione, sono esempi di gruppi un po’ d’avanguardia. Cioè in particolare Francone e Pezzana, che rappresentavano il FUORI che era un po’ d’avanguardia, e tra l’altro queste azioni le hanno fatto, potrei sbagliarmi con le date, quando il FUORI si era già scisso e si era affiliato al partito radicale e quindi una parte del FUORI aveva creato i gruppi locali. C’è un po’ questa cosa di gruppi relativamente piccoli ma d’avanguardia che non hanno una struttura burocratica molto radicata nel territorio che forse li aiuta a fare delle azioni anche un po’ spericolate, perché poi andare in Iran è stato un po’ una roba spericolata ma di grande effetto e di grande aspirazione. Così Vladimir, che non è mai stata organica ad un’associazione, Cappato che manco è gay, lui però era europarlamentare l’ha fatto in un’altra cosa. La mia situazione è stata leggermente diversa rispetto a Enzo e Angelo perché era molto strutturata: mentre Angelo e Enzo sono andati facendo tutto un lavoro politico importantissimo qui in Italia ma sono andati là così, ne senso che non c’era nemmeno probabilmente un terreno associativo nella Russia Sovietica con cui collaborare, poi li ci sono stati incontri politici, nel libro Angelo lo spiega molto bene, però è stata un’azione di rottura senza tutto il lavoro che io ho fatto invece con le associazioni. Nel senso che se le associazioni mi avessero detto no, io non sarei nemmeno andato in Russia. Quel periodo lì sono stato sommerso di critiche, di quelli che mi dicono, tendenzialmente non nella parte del movimento ma da troll e omofobi, ma perché non te ne vai in Arabia Saudita? Perché non te ne vai in Indonesia dove i musulmani ti fanno la festa? Il punto è che io in Iran non ci sono andato e per ora non ci andrei perché non ho l’associazione li con cui posso collaborare e che mi garantisce che la mia presenza serve a loro, perché se non serve a loro, che cosa ci vado a fare in Iran? E vi assicuro che è molto difficile per uno come me che si trova a lavorare in un’associazione internazionale che quotidianamente di trova difronte a situazioni orrende, persone che mi contattano chiedendomi aiuto, persone non associazioni, ma spesso io non posso perché non ho l’aggancio e si rischia di fare più danno che altro andando fisicamente in un posto o facendo azione non fisica in un posto se non c’è un contesto in grado poi di sfruttare quell’azione li, si rischia o di essere inutile o di essere dannosa, e questo è molto duro perché sei impotente.

Marco

Ti volevo chiedere, agli altri/altre intervistati/e abbiamo chiesto un libro che ha creato la loro voglia di conoscenza della storia LGBT, che è una sorta di simbolo, di amuleto che ha segnato il loro percorso di attivismo. Tu ne hai uno? Non so, un libro, una canzone?

Yuri

Permesso che tendenzialmente sono restio agli amuleti e ai simboli e non li coltivo molto. Il mio essere attivista viene da una cosa molto personale, per me è essere attivisti è stato fondamentale nel mio coming out, nel percorso di accettazione, l’ho fatto molto presto a 14 anni. Pubblicamente invece l’ho fatto molto tardi e per me è stato il mio modo di venire a patti con la mia omosessualità e di pubblicarmi in un modo sufficientemente dignitoso, cioè quello di attivista. È stata una cosa di quel tipo lì. Poi chiaramente nel mio percorso ho incontrato delle persone, naturalmente ho letto libri di storia LGBT, mi viene in mente Consoli, Omocausto, per dire uno dei libri che ho letto, e forse il primo è stato Camere Separate di Tondelli.

Eva

Non necessariamente LGBT, con Grillini abbiamo parlato per dire Porci con le ali, che è una storia eterosessuale che nel contesto dell’epoca ha dato il là.

Yuri

Si si, per me per essere onesto è stata quella cosa li. È stato il modo di venire a patti, di accettarmi come gay, e di, un po’ sgradevole da dire, però è la verità, di presentarmi come gay in maniera dignitosa, cioè quello dell’attivista, dopodiché vi assicuro che nella mia modalità pubblica di essere gay di dignitoso c’era davvero poco. Però all’inizio era necessario, nel contesto storico di una provincia, e poi ho incontrato persone. Perché il tema della storia è importante, per me è stato alquanto importante, che poi ho scelto di fare il dottorato in storia contemporanea, il mio fare attivismo è sempre stato quello legato alla storia. Per me è fondamentale inserire la mia azione in un contesto più alto di quello presente, ecco la prima persona che ho incontrato e che sostenuto questa mia tendenza già presente è stato Giovanni dall’Orto che era, forse ad un certo punto presidente all’Arcigay Milano, quando ho iniziato a frequentare l’Arcigay di Milano, Centro di iniziativa Gay, e lì ho incontrato Giovanni che si occupava della biblioteca, mi è capitato proprio, perché nei giorni in cui sono potuto andare ci stava lui a fare il gruppo cultura, e mi ha affascinato molto naturalmente questa sua conoscenza della storia del movimento LGBT che era all’epoca, nelle scuole nelle università non esisteva che si potesse anche solo vagamente intercettare qualcosa, non cerano gli studi queer, questa cosa mi ha affascinato, e forse devo dire che è stato lui che mi ha segnato rispetto alla proiezione storica. E poi l’altra grande persona con cui tuttora ho un rapporto politico e amicale è Enzo Cucco che ho conosciuto anni e anni dopo, lui era presidente di Certi Diritti, e io quando mi sono avvicinato in Certi Diritti, ho trovato in lui una memoria storica che mi ha davvero affascinato, ma li stavo già facendo l’assegno di ricerca e stavo scrivendo un articolo di storia LGBT e l’ho conosciuto perché volevo andare alla fondazione Sandro Penna e mi serviva lui per accedere.

Eva

Bene ragazzi, direi che la nostra intervista può finire qui. Abbiamo finito anche al vino. Alla prossima puntata

𝐕𝐎𝐂𝐈 𝐅𝐔𝐎𝐑𝐈 𝐃𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐓𝐎𝐑𝐈𝐀

La geografia della consapevolezza LGBT
Yuri Guaiana, segretario nazionale dell’associazione radicale Certi Diritti e Senior Campaign Manager di All Out.  Con lui abbiamo parlato degli anni ’90, dell’attivismo a Como e delle lotte transnazionali, dentro e fuori l’Europa.
“A Como ebbe una eco pazzesca. Perché appunto era la prima volta che si manifestava e che delle persone omossessuali comasche diventavano visibili e, gli articoli sui due giornali locali, costanti, che hanno creato il panico al punto che molti negozi rimasero chiusi perché si pensava che arrivassero i black block.”
Buona visione!
Capitoli
– Como e l’Europa: l’associazionismo lgbt / 3:42
– Como e l’Europa: la manifestazione del ‘99 / 8:57
– Il libertinismo come decadenza occidentale / 27:42
– Un’esperienza radicale / 33:17