DOCUMENTO POLITICO PADOVA PRIDE 2024: FUORILUOGO
In questo periodo di incertezza, di guerra in Ucraina e genocidio in Palestina, di questo governo che censura e mette in pericolo i nostri diritti, il Padova Pride sceglie di essere Fuoriluogo. Lottiamo ogni giorno e continueremo a lottare per la libertà del popolo palestinese, vogliamo un cessate il fuoco immediato e permanente e la creazione di un unico stato palestinese in cui i diritti e i doveri siano pari per tuttə lə cittadinə.
Il sionismo è figlio del colonialismo bianco ed europeo e abbiamo la responsabilità di usare il nostro privilegio per combattere l’oppressione israeliana che dalla nakba del 1948 uccide, umilia, tortura, stupra il popolo palestinese.
Fuoriluogo come corpi queer, grassi, trans*, razzializzati, disabili, intersex, vecchi. Fuoriluogo nella logica capitalista e colonialista che ci vuole produttivi e prevaricanti. Fuoriluogo perché ai margini in quanto senza fissa dimora, precariə, disoccupatə, fuoricorso, sex worker, migranti, detenutə, mattə.
Fuoriluogo perché non previstə, cacciatə, derisə nei luoghi d’istruzione, a casa, a lavoro. Siamo antifascistə, siamo decoloniali, siamo contro le guerre e i confini, siamo ecologistə, anti-capitalistə.
Siamo orgogliosamente fuoriluogoe rifiutiamo l’assimilazionismo, non vogliamo dover cancellare la nostra favolosità per vivere nel mondo eterocispatriarcale. Usciamo dalla norma e siamo in grado di sovvertirla con la nostra stessa esistenza. Vogliamo il matrimonio egualitario, le adozioni, ma anche molto di più. Vogliamo un dibattito sano sulla gestazione per altrə e sulla procreazione medicalmente assistita per approvare una legge che li permetta nel rispetto e nella tutela delle donne gestanti e del minore.
Vogliamo una riforma del diritto di famiglia che deve necessariamente passare da una riforma del diritto del patrimonio.
Togliere dalla famiglia di sangue la successione patrimoniale (da padre in figlio), vuol dire ribaltare il potere economico maschile.
Scegliere la propria famiglia è un atto rivoluzionario.
Vogliamo un riconoscimento legale per i nuclei familiari composti da più di una coppia, un contratto di responsabilità che ci leghi allə nostrə figliə anche se non siamo biologicamente genitori.
Vogliamo pieni diritti e doveri per tutte le famiglie!
A Padova lo sappiamo bene, le famiglie arcobaleno sono tartassate da governo e procura. Cancellare una madre dall’anagrafe vuol dire negare metà della famiglia a unə figliə senza colpe. Lə nostrə bambinə esistono e la legge deveesprimersi per tutelare l’interesse dellə minore.
Vogliamo più fondi per case rifugio e centri anti-discriminazione lgbtqia+, abbiamo bisogno di prenderci cura di noi, di aiutare e creare rete, di accogliere chi è in difficoltà. Vogliamo la messa al bando delle cosiddette “terapie” di conversione, che altro non sono che abusi fisici e psicologici ai danni delle giovani persone queer.
Il minority stress è un fattore di rischio importantissimo da tenere in considerazione, vogliamo la cura anche della nostra salute mentale, troppo spesso trascurata nella società iper produttivista in cui viviamo.
Chiediamo lə psicologə di base per tuttǝ.
Vogliamo una legge contro l’omo-lesbo-bi-trans-a-intersexfobia, non per aggiungere un ulteriore reato, ma per avere dati e misure positive.
L’educazione sessuale e affettiva nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università, per diffondere la cultura del consenso, per aiutare lǝ giovani queer ad accettarsi e non avere paura di esprimersi.
La “teoria gender” non esiste ed è pericoloso che si continui ad alimentare questa falsità nel dibattito pubblico.
Chiediamo che il sapere sia più ampio e inclusivo: basta con eurocentrismo, razzismo, abilismo nei luoghi della cultura.
Chiediamo degli sportelli anti-violenza e di ascolto per molestie e discriminazioni nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università. Vogliamo rimpiazzare la cultura dello stupro con la cultura del consenso, vogliamo smettere di contare ogni anno le nostre sorelle morte per mano di uomini.
Vogliamo l’aborto libero, sicuro e gratuito. La riforma della legge 194/78 per garantire l’obiezione di coscienza fuori dagli ospedali e le associazioni anti-choice fuori dai consultori. Vogliamo l’abolizione della pink tax: è inconcepibile pagare prodotti di base il doppio solo in quanto donne, e l’applicazione di misure per colmare il gender pay gap. Vogliamo che sia riconosciuto il lavoro di cura, più sostegno alla maternità attraverso misure quali il congedo parentale paritario obbligatorio, fondi agli asili nido pubblici, Il congedo mestruale in ogni luogo di lavoro pubblico e privato.
La lotta queer ha creato la sua cultura proprio da spazi non convenzionali. Partendo da Stonewall, un bar gestito dalla criminalità organizzata a New York che dava da bere a travestitə.
La cultura Ballroom nasce proprio dalle cantine dei club in cui persone bipoc (black, indigenous, people of color) si rifugiavano per trovare accoglienza e cura. La potenza della cura collettiva mette in crisi il modello individualista e capitalista, che ci vuole perennemente in competizione.
Ed è proprio nei non-luoghi che incontriamo più difficoltà.
Il carcere: la condizione delle carceri italiane dovrebbe essere un indicatore importante sullo stato della nostra democrazia: sovraffollamento, tassi di suicidi altissimi sia tra le persone detenute che tra la polizia penitenziaria, abuso di psicofarmaci, mancanza di assistenza sanitaria e psicologica adeguata.
Con un governo che continua a inasprire le pene e creare nuovi reati come soluzione a qualsiasi problema.
Vogliamo soluzioni alternative alle galere e una maggiore attenzione verso le persone detenute, che le persone trans possano scontare la pena nei luoghi in cui la loro identità di genere è riconosciuta anche se i loro documenti non corrispondono.
Per le persone queer, soprattutto donne transgender, le condizioni sono ancora peggiori: mancanza di accesso alla terapia ormonale, misgendering continuo, soprusi, violenza. Chiediamo controlli più rigidi sugli agenti della polizia penitenziaria: ogni volta che si registra un caso di violenza all’interno di centri di detenzione la retorica dominante è quella delle “mele marce”, ma è tutto il sistema ad essere tossico.
Il sexwork: relegato nelle periferie e nelle zone industriali delle città, al centro di salotti di uomini ricchi e potenti, nell’etere di internet.
Vogliamo una legge sul sexwork che ascolti le associazioni di categoria, che questo lavoro sia reso praticabile in sicurezza e autodeterminazione.
Criminalizzarlo non fa altro che aumentare la possibilità di abusi e sfruttamento.
Vogliamo la fine dello stigma e delle retoriche infantilizzanti, non abbiamo bisogno diesseresalvate.
I CPR: chiusi e al loro posto chiediamo un’accoglienza diffusa, la riforma dei trattati di Dublino, la fine degli accordi con Libia, Egitto, Tunisia, Turchia e tutti gli altri paesi ai confini dell’Europa per trattenere e torturare le persone che rischiano la vita pur di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa.
Vogliamo che siano dichiarati illegali i centri di detenzione in Albania.
Vogliamo l’abolizione del decreto Cutro e la fine della criminalizzazione delle ong che salvano vite in mare.
Siamo persone fuori dal binarismo di genere.
La nostra identità di genere e il nostro sesso sono vari e in continua mutazione. Il binarismo e la dicotomia logica usata in occidente per classificare il mondo non ci appartengono. Le categorie di uomo e di donna hanno per noi nessuno e infiniti significati allo stesso tempo. L’essere uomini o donne non è determinato dai nostri genitali, né dai caratteri sessuali secondari, dai cromosomi, dagli ormoni che produciamo, né dai nostri ruoli o espressioni di genere.
Il genere è un concetto totalmente arbitrario e socialmente costruito in cui non ci riconosciamo.
Vogliamol’autodeterminazionedigenere!
Non essere fermatə in aeroporto perché “sembriamo” uomini o donne, ma nei nostri documenti c’è un’altra lettera.
Vogliamo una nuova legge che regoli i percorsi di affermazione di genere, la 164/82 è vecchia di quarant’anni, ci chiede un test di vita reale, ci fa aspettare anni tra psicologhǝ, psichiatrǝ, endocrinologhǝ e avvocatǝ.
Vogliamo la depatologizzazione dei corpi trans e la possibilità di accedere ai percorsi di affermazione di genere gratuitamente, i percorsi di affermazioni di genere non possono essere solo per chi può permetterselo.
Vogliamo la carriera alias senza dover fornire certificazioni in tutte le pubbliche amministrazioni, nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università.
Vogliamo la possibilità di micro-dosing nella terapia ormonale, i nostri corpi trans* non vogliono e non devono necessariamente essere binari per essere riconosciuti. Vogliamo il riconoscimento della genitorialità trans* e delle misure che la rendano sempre di più possibile.
Vogliamo la fine delle persecuzioni al Careggi: rimandare la pubertà ci salva la vita. Il tasso di suicidio e pensieri suicidari nei minori trans* è il più alto della comunità LGBTQIA+. Vogliamo una diffusione capillare di checkpoint e di attività di testing community based per HIV e IST su tutti i territori, affinché le persone queer possano accedere a servizi per la salute in ambienti non giudicanti e liberi da stigma. Siamo fortemente contrariǝ allo smantellamento del sistema sanitario nazionale nei centri piccoli, attraverso la chiusura di consultori e ambulatori di prossimità.
Chiediamo più fondi alla sanità pubblica e meno a quella privata.
Vogliamo la messa al bando della chirurgia sui corpi intersex, medicalmente violentati per rientrare nei binari del sesso maschile o femminile.
Siamo disabili.
Vogliamo che l’assistenza sessuale sia riconosciuta e tutelata, che il personale sia formato negli ospedali, nelle pubbliche amministrazioni.
Vogliamo essere credute quando subiamo violenza anche se la nostra disabilità è intellettiva. Abbiamo il diritto ad una vita indipendente, ma troppo spesso ci viene negato, veniamo vistə come miracoli o difformità della natura, ammiratə o derisə.
Vogliamo una legge sul fine vita che rispetti la libertà personale e tuteli il personale medico. Non possiamo immaginare un mondo in cui diritti civili e sociali non vadano di pari passo. Vogliamo il reddito di base universale, il salario minimo, una vera sicurezza sul lavoro. Vogliamo una società più equa, un welfare state che garantisca i diritti di base davvero a tuttə: anche alle persone senza fissa dimora, anche alle persone migranti senza documenti. Vogliamo che venga rispettato il nostro diritto all’abitare, non possiamo dover scegliere se pagare l’affitto o mangiare.
Abbiamo bisogno di riqualificare le case popolari abbandonate e riaprire le graduatorie, vogliamo la fine della cementificazione sfrenata che sta invadendo Padova, più verde vuol dire più aria pulita.
Lottiamo perché i governi agiscano seriamente contro il disastro climatico, non c’è orgoglio se il mondo va a fuoco.
VOGLIAMOTUTTOELOVOGLIAMOORA