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Manifesto Politico 2025

da | Mag 31, 2025

Il pride ridisegna la città. Il nostro essere queer ridisegna il mondo.

Viviamo in un periodo storico pieno di catastrofi, guerre e instabilità, il tutto a portata di schermo.

Il governo di fascisti in Italia, l’elezione di Trump negli Stati Uniti, la mancanza di politiche volte al contenimento del cambiamento climatico, la generale virata verso l’estrema destra di tutti i paesi europei, il genocidio a Gaza e la totale mancanza di rispetto del diritto internazionale sono sconfortanti.

Dobbiamo trasformare la nostra delusione e il nostro sconforto in rabbia. La rabbia che ci guida e ci accompagna per immaginare un futuro in cui chiunque abbia la possibilità di vivere e la libertà di esprimersi nel rispetto di tuttɜ.

La rabbia trasformativa che punta ad avere un mondo in cui i diritti sono davvero per chiunque, altrimenti sono privilegi.

Il nostro pride è antifascita, anticapitalista, antirazzista, antiabilista, antispecista, per la giustizia climatica, i diritti civili e quelli sociali, una rivoluzione degli affetti che comprenda tuttɜ davvero, un mondo più giusto, la Palestina finalmente libera.


Vogliamo avere diritto a una città transfemminista, in cui non abbiamo paura di uscire la sera e tornare a casa con le chiavi tra le dita come arma.

Lo vogliamo senza politiche di repressione e controllo.

Siamo stanchɜ delle zone rosse, delle forze dell’ordine e delle forze armate ad ogni angolo, non ci fanno sentire più al sicuro e non risolvono il problema della sicurezza in città.

Abbiamo bisogno dei numeri identificativi sui caschi, delle bodycam e della formazione sistematica delle forze dell’ordine, specialmente sulle tematiche che riguardano le minoranze: donne che subiscono violenza, persone disabili e neurodivergenti, comunità LGBTQIA+.

La divisa non può e non deve essere sinonimo di impunità.


Vogliamo una città più verde, con più parchi e meno supermercati, più spazi sociali che non siano legati al consumo.

Chiediamo al comune di Padova di smettere di sgomberare gli spazi occupati che vengono riqualificati dalle realtà che li abitano, ma di aiutare queste realtà ad andare verso una regolarizzazione e uno spazio a norma attraverso fondi e progetti.

Vogliamo che le case sfitte dell’Ater tornino ad essere case popolari, un diritto alla casa vero, in cui affittare una stanza non costi €500 al mese, in cui comprare una casa non indebiti per la vita, vogliamo più studentati gestiti da enti pubblici.


Vogliamo un’alternativa al capitalismo che non distrugga il pianeta, che non aumenti le diseguaglianze, la redistribuzione della ricchezza e un mondo più equo a livello finanziario ed economico.

Come comunità LGBTQIA+ sappiamo bene di non poter fare affidamento sulle aziende e le multinazionali: appena dopo l’elezione di Trump Meta, Amazon e moltissime altre hanno tagliato le loro politiche di diversity and inclusion e hanno finanziato il partito-impresa trumpiano.

Proprio per questo e per essere libero da condizionamenti il Padova Pride non ha sponsor.


La comunità LGBTQIA+ è notoriamente soggetta al minority stress. La discriminazione, lo stigma, il pregiudizio causano uno stress maggiore e rappresentano un fattore di rischio nell’ambito delle psicopatologie. Rivendichiamo il nostro diritto alla salute non solo fisica dunque, ma anche mentale.

Vogliamo lo psicologo di base, un accesso alla salute mentale non proibitivo e non stigmatizzante.

Vogliamo più formazione e attenzione in modo da diminuire fino a far cessare la violenza ospedaliera.

In particolare vogliamo porre l’attenzione sulla violenza ospedaliera per le persone disabili e le persone con utero.

La violenza ginecologica e ostetrica sono all’ordine del giorno e troppo spesso trascurate. Una riforma della 194 che proibisca l’obiezione di coscienza per lə ginecologhə e un diritto all’aborto garantito in ogni ospedale, la maggiore diffusione della telemedicina e della RU486.

L’aborto è un diritto e deve essere difeso. Le associazioni pro-vita, sostenute dal governo, minacciano i consultori e si infiltrano in scuole e università. Questo è inaccettabile. I consultori, già pochi e sottofinanziati, devono essere potenziati, gratuiti, capillari e realmente inclusivi – anche all’interno delle scuole, insieme a sportelli psicologici accessibili.

La messa al bando delle associazioni anti-choice, dell’ascolto del battito e dei cimiteri dei feti.

Vogliamo una diffusione capillare di checkpoint per IST (infezioni sessualmente trasmissibili) su tutti i territori, affinché le persone queer possano sentirsi libere da stigma e ricevano cura dalla propria comunità.

Siamo fortemente contrariǝ allo smantellamento del sistema sanitario nazionale nei centri piccoli, vogliamo più consultori e più medicina di prossimità! Chiediamo più fondi alla sanità pubblica e meno a quella privata, l’abbattimento delle liste d’attesa, stipendi più alti e dignitosi per lɜ professionistɜ sanitariɜ.

Vogliamo la messa al bando della chirurgia sui corpi intersex, medicalmente violentati per rientrare nei binari del sesso maschile o femminile.

Chiediamo una legge statale che proibisca le terapie riparative (terapie di conversione) non ci basta la radiazione dall’albo dellɜ psicologhɜ.

Sappiamo che la maggior parte delle volte queste terapie sono portate avanti nelle parrocchie cattoliche ed evangeliste, chiediamo alle istituzioni religiose di vietarle anche all’interno delle loro chiese.


Da anni ci battiamo, nelle scuole e nelle università, per ambienti liberi, sicuri, accessibili e davvero inclusivi, in cui ogni persona possa sentirsi riconosciuta e rispettata.

Uno strumento fondamentale in questo percorso è la carriera Alias, che consente a chi ne fa richiesta di essere chiamatə con il proprio nome d’elezione nella documentazione scolastica e universitaria.

Grazie all’impegno delle rappresentanze studentesche, il suo utilizzo si sta diffondendo: nella provincia di Padova, ad esempio, gli istituti che la offrono sono passati da 6 a 8 su 112.

Anche l’Università di Padova la prevede, ma con limitazioni: il nome scelto non appare nei documenti ufficiali né nell’attestato di laurea, e manca una tutela adeguata durante i tirocini.

Oggi la carriera Alias è ancora una concessione. Deve diventare un diritto garantito, obbligatorio, sicuro, accessibile e slegato dal binarismo di genere, accompagnato da una formazione specifica per tutto il personale.

Vogliamo istituti in cui nessunə debba più temere il proprio dead name, in cui i pronomi vengano rispettati e in cui le persone queer siano parte attiva nei processi decisionali.

Vogliamo sentirci sicurə nei luoghi che viviamo ogni giorno.

Il progetto UNIRE dell’Università di Padova è un primo passo, ma serve molto di più: un impegno strutturale, continuo e diffuso in ogni sede.

Vogliamo scuole e atenei costruiti a misura di studentə: con bagni e spogliatoi genderless, sportelli antiviolenza con approccio intersezionale, e percorsi formativi su transfemminismo, ecologia, antiabilismo, antirazzismo e antifascismo.

Siamo stanchɜ di un’educazione sessuale, affettiva e civica parziale, superficiale e normativa. Nelle scuole subiamo ogni giorno un pensiero eurocentrico, eterocisnormato, permeato da logiche machiste e violente.

In questo contesto, temi fondamentali per la nostra crescita vengono ignorati, distorti o negati.

L’attuale governo ostacola ogni iniziativa di educazione sessuo-affettiva, dando invece spazio ad associazioni antiabortiste che diffondono disinformazione in nome della “tradizione”.

Vogliamo un’educazione sessuo-affettiva obbligatoria, laica, inclusiva e scientifica, inserita a pieno titolo nei programmi scolastici. Un’educazione che affronti la sessualità, le emozioni, il consenso e le identità, che includa ogni soggettività queer e ci offra strumenti per vivere relazioni sane, consapevoli e rispettose.

Ci opponiamo fortemente alle Nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo, intrise di misoginia, eurocentrismo, razzismo e presunta superiorità delle persone adulte sulle persone giovani e giovanissime.

Chiediamo che vengano istituiti sportelli anti-violenza e ascolto per molestie e discriminazioni nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università.

Vogliamo rimpiazzare la cultura dello stupro con la cultura del consenso, vogliamo smettere di contare ogni anno le nostre sorelle morte per mano di uomini.


Rivendichiamo con forza la tutela da parte dello Stato dei diritti di tutte le famiglie, perché lɜ figliɜ si proteggono con le leggi e non con le sentenze.

Vogliamo il matrimonio egualitario, le adozioni per tuttɜ, l’accesso alla PMA per donne single e coppie omogenitoriali, la depenalizzazione della GPA e l’introduzione nel nostro ordinamento di una legge che regolamenti la GPA etica e solidale al fine di tutelare veramente i diritti delle persone gestanti e deɜ minori, eliminando qualunque discorso propagandistico ed ideologico costruito ad hoc per spargere odio e diffondere misconoscenza.

La discriminazione che vivono ora ɜ figliɜ delle coppie omogenitoriali è inaccettabile e violenta.

La lotta per rimuoverla sarà una lotta senza tregua.

Lə nostrɜ bambinɜ esistono, continueranno a nascere e lo Stato deve tutelarlɜ tuttɜ nello stesso modo, perseguendo unicamente il loro bene: vogliamo, dunque, una legge che riconosca tuttɜ ɜ figliɜ alla nascita indipendentemente dal genere dei loro genitori.

Vogliamo che sia tutelata la piena autodeterminazione di ogni persona che voglia costruire la propria famiglia come luogo di cura, amore e lotta alle costrizioni eterocispatriarcali.

Chiediamo che venga cancellato il decreto Salvini che ha imposto la dicitura “padre, madre o chi ne fa le veci” da apporre sulle carte d’identità elettroniche, per sostituirla con la formula inclusiva “genitori o chi ne fa le veci”


Il Padova Pride 2025 si schiera contro ogni forma di oppressione e sfruttamento territoriale, economico e culturale. In questo contesto, il meridionalismo non è una semplice rivendicazione identitaria, ma un atto politico.

Essere del Sud, oggi, significa fare i conti con secoli di disuguaglianze sistemiche e con l’ennesimo attacco istituzionale rappresentato dalla recente approvazione dell’autonomia differenziata.

Il Sud Italia è stato oggetto di un sistematico processo di spoliazione economica, iniziato con l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna nel 1861. Quella che viene celebrata come “Unità d’Italia” ha significato per il Meridione lo smantellamento di un sistema economico prospero e la concentrazione delle ricchezze e degli investimenti al Nord.

Ancora oggi, il Sud riceve ogni anno circa 85 miliardi di euro in meno rispetto al Nord in proporzione alla popolazione, subendo politiche che marginalizzano l’agricoltura meridionale e ne minano la sovranità economica.

L’autonomia differenziata aggrava questa ferita storica. Dietro la retorica dell’efficienza si cela una vera e propria autonomia privilegiata, che sancisce e istituzionalizza le disuguaglianze tra territori.

Le conseguenze più gravi ricadranno sulle soggettività già marginalizzate: persone disabili, queer, neurodivergenti, donne e soggettività T*, specialmente nelle regioni meridionali.

In ambito sanitario, l’autonomia differenziata rischia di moltiplicare i divari. Già oggi l’accesso all’aborto è ostacolato nel Sud, dove il 78,5% dei ginecologi è obiettore di coscienza, contro il 54,7% del Nord. Nel 2021, il 21,7% delle donne del Sud ha dovuto spostarsi fuori provincia per poter abortire.

Questo dato, già allarmante, è destinato a peggiorare in assenza di una regia nazionale equa e garante dei diritti.

La comunità LGBTQIA+ meridionale è doppiamente penalizzata: da un lato da un tessuto sociale impoverito e spesso privo di risorse per l’inclusione e la tutela, dall’altro dall’abbandono sistemico da parte delle istituzioni.

Nei registri delle associazioni LGBTQIA+ del Nord Italia, più della metà delle persone iscritte proviene dal Sud: un vero e proprio esodo silenzioso, una diaspora di chi fugge per trovare spazi di libertà e autodeterminazione.

Non per mancanza di consapevolezza, ma per carenza di strutture, progetti, fondi e reti di protezione nei territori di origine.

I progetti di accoglienza per persone LGBTQIA+ vittime di violenza o discriminazione sono scarsissimi nel Sud: su 7 progetti attivi in Italia, solo uno si trova sotto Roma. Le province restano deserti di diritti.

Il Padova Pride denuncia l’assenza di un welfare equo e la retorica dell’autonomia che, invece di colmare i divari, li cristallizza. Le soggettività marginalizzate del Sud non possono essere lasciate sole: serve una rete nazionale di protezione, fondata sulla giustizia sociale e territoriale, non sull’abbandono programmato.

Il meridionalismo è parte integrante della lotta queer, anticapitalista, femminista, antiabilista e decoloniale.

Rivendicare l’identità meridionale significa smascherare l’ipocrisia di uno Stato che sfrutta e poi colpevolizza, che taglia e poi chiede efficienza, che sottrae e poi accusa.

Nessunə sarà liberə finché le persone queer, disabili, razzializzate e povere del Sud continueranno a pagare il prezzo più alto.

La lotta per i diritti non è compatibile con l’autonomia differenziata. Non c’è giustizia sociale senza giustizia territoriale. Non c’è Pride senza Sud. Non c’è liberazione se non è collettiva.


Di fronte al bigottismo, all’odio e alla repressione, noi ci saremo: liberə, agitatiə, orgogliosə, nelle piazze e nelle istituzioni. Pretendiamo spazi che ci riconoscano, ci proteggano, ci rispettino.

 

 

Il comitato Padova Pride 2025