Ma non sembri disabile!
Nel nostro immaginario, la vera disabilitàTM è certificata da una sedia a rotelle. O da una protesi, o almeno da un’invalidità riconosciuta!
Eppure, i dati ci dicono che questo è uno stereotipo bello e buono, perché la stragrande maggioranza delle persone con disabilità non utilizza, ad esempio, l’iconica sedia a rotelle.
E tante persone disabili non sono nemmeno riconosciute legalmente in quanto tali. Perché la disabilità è uno spettro di cui si vedono solo alcuni colori – e pure questi si vedono male.
Ma che ci azzeccano tra di loro disabilità, drag art, comedy e queerness?
Ce lo raccontano in questa serata Iinu The Monster (link esterno), weird drag creature dal 2022, ed Emma Della Libera (link esterno), nutrizionista plant based, comica di SIT-down comedy e attivista.
E il denominatore comune che risalta fin da subito è la voglia di essere VISTƏ. La possibilità, attraverso la loro arte e i social, di non nascondersi più, di incontrare persone interessate ad ascoltare e capire. Ma anche disposte ad essere disturbate, a stare nella scomodità di comprendere il proprio privilegio e attivarsi perché smetta di essere tale, la scomodità che si sente quando ci si sussurra “Anche io sono abilista e devo decostruirmi”.
Come dice Emma, “La disabilità non è unica, è un insieme di tasselli e nessuno di loro è indipendente”.
La disabilità di Iinu, ad esempio, non si vede per niente. In questo caso si parla di “disabilità invisibili”, anche se forse sarebbe più corretto parlare di disabilità – e, in questo caso, malattie – invisibilizzate. E se si parlasse di disabilità alle persone più piccole fin dalla scuola, se si facesse formazione nei luoghi di lavoro e di studio, sicuramente il lessico e le rappresentazioni contribuirebbero a renderle note, chiare e viste.
Ma fino a quel momento, ci pensa l’arte!
Iinu infatti ha la fibromialgia, malattia cronica invalidante -perché magari non si vede, ma, anche chi scrive, assicura che si sente! – che riesce a raccontare, rappresentar e rendere visibile attraverso la sua drag art: “Ho iniziato a fare drag art dopo la diagnosi come modo per esprimere la mia creatività. Io faccio il drag freak alternativo, e con un personaggio mostruoso, il drag mi permette di giocare con le mie difficoltà quotidiane, perché la fibromialgia non smette mai. È costante, un dolore di sottofondo in ogni fase della vita. E io lo trasformo in una luce creepy. La fibromialgia è invisibile, non la vedi ma c’è. Per me il drag è un’occasione per uscire per tre minuti dal mio dolore quotidiano”.
Anche Emma disturba e strappa veli di Maya, ma con la comicità… E la SIT-DOWN comedy! Che di base non esiste -un po’ come l’accessibilità nel mondo dell’arte! -, ma Emma se ne frega, si ribella e la fa esistere.
“La sit-down comedy è il ribaltamento della stand-up comedy, che è limitante già nel nome: con la mia disabilità motoria non si può salire sulla stragrande maggioranza dei palchi. Già riuscire ad esserci e non parlare di sé stessə con pietismo spiazza lo stereotipo, spiazza il pubblico”.
Dicevamo che la disabilità è uno spettro di cui si vedono pochi colori e male: ecco, la disabilità di Emma è visibile, comprovata e bollata dalla sedia a rotelle… E nonostante questo, il mondo non la vede.
Non la vedono le strade inagibili, i luoghi pubblici, i luoghi di cura, di cultura, di studio, di svago.
In un mondo estremamente esclusivo e abilista, quanto è potente salire su un palco ed esibirsi in quanto comica, rifiutando lo schema fisso, pietistico e piatto del palco di Sanremo?
Quel palco lo distrugge, questa potenza disturbante.
Ma parliamo meglio di questo disturbo con le domande di Grazia allə ospiti.
Come rispondete a chi reputa la vostra narrazione non adatta o confortevole al pubblico?
Emma: È insito nella mia arte mettere a disagio. Io parlo di pulirsi il culo e per me è anche un modo per esorcizzare la propria difficoltà. La sit-down comedy è l’occasione per dire a tuttə le cose che mettono a disagio e che non sono confortevoli.
Iinu: Io non sento di giustificare nulla. È necessario che l’arte drag non sia così stereotipata (uomo omosessuale bianco con i tacchi, il trucco etc.). A volte ho dovuto giustificare il perché non faccio certe cose (tipo indossare super tacchi), così come lo scegliere di rappresentare un’arte drag non così nota come la monster. A volte tendo più a giustificare la mia presenza nel mondo Drag come ASAF che come una persona con la fibromialgia. La cura è politica, dobbiamo sostenerci noi sorelle.
Come avete vissuto nella vostra carriera artistica la disabilità, dal momento che chi ha una disabilità invisibile deve giustificarla e chi ce l’ha visibile va incontro a stereotipi?
Iinu: Io ho problemi con il medico di base e non solo. C’è resistenza nella medicina. Il mio problema è farmi credere dal personale medico.
Emma: Gli stereotipi spesso colgono di sorpresa lo spettatore medio. Io parlo di disabilità come variabile della vita. Finché non si arriva alla base in cui il nostro ingresso negli eventi è garantito, ovvero accessibile, non possiamo smettere di rivendicarla.
Parliamo di Creep Faces e Inspiration Porn.
Emma: Nell’industria audiovisiva il personaggio con disabilità è interpretato da attorə che nella vita vera non lo sono: una cosa che fa incazzare noi disabili è che non si è spesso informatə, non c’è stato un lavoro approfondito vero dietro lo studio del personaggio. Spesso ha lo stesso risultato della black face, una cosa ridicola, non autentica.
Iinu: La fibromialgia è talmente poco considerata che non c’è ispiration porn. A volte penso ai “got talent” che spesso portano all’estremo la cosa, tipo “uuuuh una persona autistica che suona il piano!!”.
Se io vado lì e dimostro il mio talento, voglio essere valutata per quello e non per il mio background.
Spesso la fibromialgia è associata a corpi non conformi in disagio sociale, cosa tra l’altro fuorviante ed errata. La fibromialgia colpisce tuttə. È fluttuante, ci sono dei momenti in cui non funzioni. Le persone con una disabilità invisibile sono tante, anche se non si direbbe.
Cosa cambiereste se poteste ridisegnare il mondo dell’arte?
Emma: Sentire prima il messaggio delle persone, avere più anima e meno sovrastruttura.
Iinu: Non dover più giustificare perché sono là, perché faccio una cosa, e chiedere anticipatamente le cose base -bagno accessibile, la presenza di una sedia in camerino, etc.
Quale consiglio dareste a chi vuole avvicinarsi all’arte?
FATELO!
Cosa chiedete a chi come noi organizza eventi?
Un’accessibilità di base, come rampe e bagni accessibili.
Durante questo incontro, Iinu ed Emma hanno detto due frasi che sarebbero da tatuarsi in fronte:
“La cura è politica”, e la disabilità non è unica, è un insieme di tasselli e nessuno di loro è indipendente”.
La cura è conoscere la realtà delle persone disabili -o con disabilità-.
La cura è organizzare eventi accessibili, ma anche vacanze accessibili nei gruppi di amichə.
La cura è non scegliere al posto di chi ha una disabilità.
La cura è imparare a fare rumore e non a silenziare il Sacrosanto Disturbo, la Sacrosanta Sacra Rabbia.
La cura è stare nella consapevolezza di essere abilistə, senza cercare rassicurazioni e assoluzione da persone disabili decostruite o in un percorso di decostruzione.
La cura è volere imparare la cura. E per farlo, bisogna accettare di sentire rumore, disturbo e scomodità.
E sarà un dirompente, potente, e bellissimo viaggio.
Articolo a cura di Francesca Pastorino, @marketing_etico (link esterno).